lamivudina my*90cpr riv 300mg lamivudina mylan spa

Che cosa è lamivudina my 90cpr riv 300mg?

Lamivudina my compresse rivestite prodotto da mylan spa
è un farmaco generico della categoria farmaci preconfezionati prodotti industrialmente - generici .
Lamivudina my risulta non in commercio nelle farmacie italiane

E' utilizzato per la cura di antivirali per uso sistemico.
Contiene i principi attivi: lamivudina
Composizione Qualitativa e Quantitativa: lamivudina.
Codice AIC: 040485106 Codice EAN: 0

Informazioni e Indicazioni, a cosa serve?

Il prodotto e' indicato come componente della terapia di associazioneantiretrovirale nel trattamento di adulti e bambini con infezione da Virus dell'Immunodeficienza Umana (HIV).

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Posologia

La terapia deve essere iniziata da un medico con esperienza nella gestione dell'infezione da HIV. Il farmaco puo' essere somministrato con o senza cibo. Per assicurare la somministrazione dell'intera dose, la(e) compressa(e) dovrebbe idealmente essere deglutita senza frantumarla. Per i pazienti che non sono in grado di deglutire le compresse, la lamivudina e' disponibile in forma di soluzione orale. In alternativa, le compresse possono essere frantumate ed aggiunte ad una piccola quantita' di cibo semi-solido o liquido, da consumarsi immediatamente. Adulti e adolescenti di eta' superiore a 12 anni: la dose raccomandata e'300 mg al giorno. Questa dose puo' essere somministrata come 150 mg due volte al giorno oppure come 300 mg una volta al giorno. La compressa da 300 mg e' idonea solo per la somministrazione una volta al giorno. I pazienti che intendono passare alla somministrazione una volta al giorno devono prendere 150 mg due volte al giorno e passare a 300 mg una volta al giorno la mattina seguente. Qualora si preferisca un'unicasomministrazione alla sera, devono essere assunti 150 mg solo alla prima mattina seguiti da 300 mg alla sera. Se si ritorna alle due somministrazioni giornaliere, i pazienti devono completare il trattamento giornaliero e iniziare ad assumere 150 mg due volte al giorno la mattinaseguente. Bambini di eta' inferiore a 12 anni: poiche' con questa formulazione non si puo' raggiungere una posologia accurata, si raccomanda una posologia secondo fasce di peso. La dose per i pazienti pediatrici con peso da 14 a 30 kg si basa principalmente su considerazioni farmacocinetiche, con dati di supporto provenienti dagli studi clinici. Per bambini che pesano almeno 30 kg deve essere assunta la dose degli adulti di 150 mg due volte al giorno. Bambini con peso da 21 a 30 kg: la dose raccomandata e' mezza compressa assunta al mattino, ed una compressa intera assunta alla sera. Bambini con peso da 14 a 21 kg: la dose raccomandata e' mezza compressa, assunta due volte al giorno. Bambini di eta' inferiore a tre mesi: i dati limitati non sono sufficienti per proporre specifiche raccomandazioni posologiche. La lamivudina e' anche disponibile come soluzione orale per bambini con eta' superiore a3 mesi e con peso minore di 14 kg o per i pazienti che sono incapaci di deglutire le compresse. Bambini con eta' da 3 mesi a 12 anni: la dose raccomandata e' 4 mg/kg due volte al giorno fino ad un massimo di 300 mg/die. Nei pazienti con insufficienza renale da moderata a severa,le concentrazioni di lamivudina sono aumentate a causa della ridotta clearance. Pertanto, nei pazienti con clearance della creatinina che diminuisca al di sotto di 30 ml/min la dose deve essere modificata, usando la formulazione di lamivudina in soluzione orale. Posologia raccomandata negli adulti e negli adolescenti di eta' superiore a 12 anni e peso di almeno 30 kg. Clcr >=50 ml/min. Prima dose: 150 mg. Dose di mantenimento: 150 mg due volte al giorno; clcr 30 a =50 ml/min. Prima dose: 4 mg/kg. Dose di mantenimento: 4 mg/kg due volte al giorno; clcr30 a CONSERVAZIONEQuesto medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.AVVERTENZEIl farmaco non e' raccomandato per l'impiego in monoterapia. Nei pazienti con insufficienza renale da moderata a grave, l'emivita plasmatica terminale della lamivudina e' aumentata a causa della riduzione della clearance, pertanto la dose deve essere modificata. Sono stati osservati casi di un'elevata frequenza di fallimento virologico e di comparsa di resistenza in fase precoce di trattamento quando la lamivudina veniva associata sia a tenofovir, disoproxil fumarato, e abacavir, sia a tenofovir, disoproxil fumarato e didanosina, somministrati una voltaal giorno. I pazienti in terapia possono continuare a sviluppare infezioni opportunistiche o altre complicazioni dell'infezione da HIV, pertanto devono rimanere sotto stretta osservazione clinica da parte di medici con esperienza nel trattamento di pazienti con le patologie associate all'HIV. I pazienti devono essere informati che la terapia antiretrovirale attualmente in uso non ha dimostrato di essere in grado di prevenire il rischio di trasmissione dell'HIV ad altri soggetti nel corso di contatti sessuali o attraverso il sangue infetto. Pertanto devono continuare ad essere prese adeguate precauzioni. Sono stati osservati rari casi di pancreatite. Tuttavia non e' chiaro se tali casi sianodovuti al trattamento con antiretrovirali ovvero alla patologia di base da HIV. Il trattamento deve essere sospeso immediatamente se compaiono segni clinici, sintomi o anomalie dei dati di laboratorio che possano essere indicativi di pancreatite. Con l'uso di analoghi nucleosidici e' stata segnalata acidosi lattica, di solito associata ad epatomegalia e steatosi epatica. Sintomi precoci (iperlattacidemia sintomatica) che includono sintomi non gravi a carico dell'apparato digerente (nausea, vomito e dolore addominale), malessere non specifico, perdita diappetito, perdita di peso, sintomi respiratori (respirazione accelerata e/o profonda) o sintomi neurologici (compresa debolezza motoria). L'acidosi lattica presenta un'alta mortalita' e puo' essere associata apancreatite, insufficienza epatica o insufficienza renale. L'acidosi lattica e' stata in genere osservata sia dopo i primi mesi di trattamento sia dopo alcuni mesi. Il trattamento con analoghi nucleosidici deve essere interrotto in caso di comparsa di iperlattacidemia sintomatica e acidosi metabolica/lattica, epatomegalia progressiva o rapido incremento dei livelli di aminotrasferasi. Si deve prestare cautela nel somministrare analoghi nucleosidici a pazienti (in particolare donne obese) con epatomegalia, epatite o altri fattori di rischio noti di malattia epatica e steatosi epatica (compresi alcuni medicinali e alcool). I pazienti con infezione concomitante da epatite C e trattati con alfainterferone e ribavirina possono essere ad alto rischio. I pazienti con aumentato rischio devono essere seguiti attentamente. E' stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che invitro causano un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati HIV-negativi esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita. I principali eventi avversi riportati sono disturbi ematologici, disturbi metabolici. Questi eventi sono spesso transitori. Sono stati segnalati disturbi neurologici a comparsa ritardata. Al momento non e' noto se i disturbi neurologici siano transitori o permanenti. Ogni bambino espostoin utero ad analoghi nucleosidici e nucleotidici, anche i bambini HIV-negativi, deve essere sottoposto a follow-up clinico e di laboratorioe deve essere controllato a fondo per quanto riguarda una possibile disfunzione mitocondriale in caso di comparsa dei segni e sintomi relativi. Queste osservazioni non hanno effetto sulle attuali linee guida nazionali di impiego della terapia antiretrovirale nelle donne in gravidanza per prevenire la trasmissione verticale dell'HIV. Nei pazienti con infezione da HIV, la terapia antiretrovirale combinata e' stata associata alla ridistribuzione del grasso corporeo (lipodistrofia). Le conseguenze a lungo termine di questi eventi sono attualmente sconosciute. La conoscenza del meccanismo e' incompleta. E' stata ipotizzata una associazione tra lipomatosi viscerale e inibitori della proteasi (PIs) e lipoatrofia e inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTI's). Un rischio maggiore di lipodistrofia e' stato associato alla presenza di fattori individuali, quali l'eta' avanzata, e fattori legati al farmaco, come la maggior durata del trattamento antiretrovirale e dei disturbi metabolici associati. L'esame clinico deve includere lavalutazione dei segni fisici di ridistribuzione del grasso. Occorre prendere in considerazione il dosaggio dei lipidi serici e del glucosionel sangue. I disturbi del metabolismo lipidico devono essere trattati in maniera clinicamente appropriata. Sindrome da riattivazione immunitaria: nei pazienti affetti da HIV con deficienza immunitaria grave al momento della istituzione della terapia antiretrovirale di associazione (CART), puo' insorgere una reazione infiammatoria a patogeni opportunisti asintomatici o residuali e causare condizioni cliniche gravi, o il peggioramento dei sintomi. Tipicamente, tali reazioni sono state osservate entro le primissime settimane o mesi dall'inizio della CART.Qualsiasi sintomo infiammatorio deve essere valutato e deve essere instaurato un trattamento, se necessario. I pazienti con epatite cronicaB o C e trattati con una terapia antiretrovirale di associazione sonoconsiderati ad aumentato rischio di eventi avversi epatici gravi e potenzialmente fatali. In caso di terapia antivirale concomitante per l'epatite B o C si faccia riferimento alle relative informazioni di talimedicinali. Se il medicinale viene sospeso nei pazienti con infezioneconcomitante da virus dell'epatite B, si raccomanda un controllo periodico sia dei test di funzionalita' epatica sia dei marker di replicazione dell'HBV, dal momento che la sospensione della lamivudina puo' condurre a una riacutizzazione dell'epatite. I pazienti con disfunzione epatica pre-esistente presentano una aumentata frequenza di anomalie della funzionalita' epatica durante la terapia antiretrovirale di associazione e devono essere monitorati secondo la prassi consueta. Qualorain tali pazienti si evidenzi un peggioramento della malattia epatica,si deve prendere in considerazione l'interruzione o la sospensione del trattamento. Sebbene l'eziologia sia considerata multifattoriale, sono stati riportati casi di osteonecrosi soprattutto nei pazienti con malattia da HIV in stadio avanzato e/o esposti per lungo tempo alla terapia antiretrovirale di associazione (CART). Il farmaco non deve essere assunto con qualsiasi altro medicinale contenente lamivudina o emtricitabina.INTERAZIONISono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti. La probabilita' di interazioni metaboliche e' bassa a causa del limitato metabolismo e del basso legame con le proteine plasmatiche e della clearance renale pressoche' completa. La somministrazione di trimetoprim/sulfametoxazolo 160 mg/800 mg determina un aumento del 40% nella esposizione alla lamivudina dovuto al componente trimetoprim; il componente sulfametoxazolo non interagisce. Tuttavia, non e' necessaria nessuna modifica posologica della lamivudina, a meno che il paziente non abbia insufficienza renale. La lamivudina non ha alcun effetto sulla farmacocinetica del trimetoprim o del sulfametoxazolo. Quando e' giustificata tale somministrazione concomitante, i pazienti devono essere monitorati clinicamente. Deve essere evitata la somministrazione di lamivudina inconcomitanza con alte dosi di cotrimoxazolo per il trattamento della polmonite da Pneumocystis e della toxoplasmosi. Deve essere tenuta in considerazione la possibilita' di interazioni con altri medicinali somministrati in concomitanza, particolarmente quando la via di eliminazione principale e' la secrezione renale attiva, per mezzo del sistema di trasporto dei cationi organici, come ad esempio con il trimetoprim. Altri medicinali (per es. ranitidina, cimetidina) sono eliminati solo in parte per mezzo di questo sistema e non hanno mostrato di interagire con la lamivudina. Gli analoghi dei nucleosidi (per es. la didanosina), come la zidovudina non sono eliminati tramite questo sistema ed e'improbabile che interagiscano con la lamivudina. E' stato osservato un lieve aumento della Cmax (28%) della zidovudina quando viene somministrata in associazione alla lamivudina, tuttavia l'esposizione complessiva (AUC) non risulta alterata in modo significativo. La zidovudina non ha effetti sulla farmacocinetica della lamivudina. Il metabolismo della lamivudina non coinvolge il CYP3A, rendendo improbabili interazioni con altri medicinali metabolizzati attraverso questo sistema.EFFETTI INDESIDERATIDurante la terapia per la malattia da HIV con lamivudina sono stati riportati i seguenti eventi avversi. Le reazioni avverse considerate almeno possibilmente associate al trattamento sono elencate di seguito secondo la classificazione per sistemi e organi, e frequenza assoluta. Le frequenze sono definite come molto comune (>=1/10), comune (>=1/100a = 1/1000 a = 1/10.000 a GRAVIDANZA E ALLATTAMENTOUna grande quantita' di dati su donne in gravidanza (piu' di 1000 casi di esposizione) non indicano alcuna tossicita' relativa a malformazioni. Il prodotto puo' essere usato in gravidanza se clinicamente necessario. Per le pazienti con infezione concomitante da virus dell'epatite B che vengono trattate con lamivudina e successivamente iniziano unagravidanza, si deve considerare la possibilita' di una ricomparsa dell'epatite a seguito della sospensione della lamivudina. Gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che in vitro hanno dimostrato di causare un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati esposti agli analoghinucleosidici in utero e/o dopo la nascita. Dopo la somministrazione orale, la lamivudina e' escreta nel latte materno a concentrazioni simili a quelle ritrovate nel siero. Poiche' la lamivudina e il virus passano nel latte materno si raccomanda che le madri in terapia non allattino al seno i loro bambini. Si raccomanda che le donne con infezione da HIV in nessun caso allattino al seno i loro bambini, al fine di evitare la trasmissione dell'HIV.

Effetti indesiderati

Durante la terapia per la malattia da HIV con lamivudina sono stati riportati i seguenti eventi avversi. Le reazioni avverse considerate almeno possibilmente associate al trattamento sono elencate di seguito secondo la classificazione per sistemi e organi, e frequenza assoluta. Le frequenze sono definite come molto comune (>=1/10), comune (>=1/100a = 1/1000 a = 1/10.000 a GRAVIDANZA E ALLATTAMENTOUna grande quantita' di dati su donne in gravidanza (piu' di 1000 casi di esposizione) non indicano alcuna tossicita' relativa a malformazioni. Il prodotto puo' essere usato in gravidanza se clinicamente necessario. Per le pazienti con infezione concomitante da virus dell'epatite B che vengono trattate con lamivudina e successivamente iniziano unagravidanza, si deve considerare la possibilita' di una ricomparsa dell'epatite a seguito della sospensione della lamivudina. Gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che in vitro hanno dimostrato di causare un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati esposti agli analoghinucleosidici in utero e/o dopo la nascita. Dopo la somministrazione orale, la lamivudina e' escreta nel latte materno a concentrazioni simili a quelle ritrovate nel siero. Poiche' la lamivudina e il virus passano nel latte materno si raccomanda che le madri in terapia non allattino al seno i loro bambini. Si raccomanda che le donne con infezione da HIV in nessun caso allattino al seno i loro bambini, al fine di evitare la trasmissione dell'HIV.

Indicazioni

Il prodotto e' indicato come componente della terapia di associazioneantiretrovirale nel trattamento di adulti e bambini con infezione da Virus dell'Immunodeficienza Umana (HIV).

Controindicazioni ed effetti secondari

Ipersensibilita' alla lamivudina o ad uno qualsiasi degli eccipienti.

Composizione ed Eccipienti

Nucleo della compressa: cellulosa microcristallina (Avicel PH 102), sodio amido glicolato (tipo A), magnesio stearato. Rivestimento della compressa: ipromellosa, titanio biossido (E171), glicole propilenico.

Avvertenze

Il farmaco non e' raccomandato per l'impiego in monoterapia. Nei pazienti con insufficienza renale da moderata a grave, l'emivita plasmatica terminale della lamivudina e' aumentata a causa della riduzione della clearance, pertanto la dose deve essere modificata. Sono stati osservati casi di un'elevata frequenza di fallimento virologico e di comparsa di resistenza in fase precoce di trattamento quando la lamivudina veniva associata sia a tenofovir, disoproxil fumarato, e abacavir, sia a tenofovir, disoproxil fumarato e didanosina, somministrati una voltaal giorno. I pazienti in terapia possono continuare a sviluppare infezioni opportunistiche o altre complicazioni dell'infezione da HIV, pertanto devono rimanere sotto stretta osservazione clinica da parte di medici con esperienza nel trattamento di pazienti con le patologie associate all'HIV. I pazienti devono essere informati che la terapia antiretrovirale attualmente in uso non ha dimostrato di essere in grado di prevenire il rischio di trasmissione dell'HIV ad altri soggetti nel corso di contatti sessuali o attraverso il sangue infetto. Pertanto devono continuare ad essere prese adeguate precauzioni. Sono stati osservati rari casi di pancreatite. Tuttavia non e' chiaro se tali casi sianodovuti al trattamento con antiretrovirali ovvero alla patologia di base da HIV. Il trattamento deve essere sospeso immediatamente se compaiono segni clinici, sintomi o anomalie dei dati di laboratorio che possano essere indicativi di pancreatite. Con l'uso di analoghi nucleosidici e' stata segnalata acidosi lattica, di solito associata ad epatomegalia e steatosi epatica. Sintomi precoci (iperlattacidemia sintomatica) che includono sintomi non gravi a carico dell'apparato digerente (nausea, vomito e dolore addominale), malessere non specifico, perdita diappetito, perdita di peso, sintomi respiratori (respirazione accelerata e/o profonda) o sintomi neurologici (compresa debolezza motoria). L'acidosi lattica presenta un'alta mortalita' e puo' essere associata apancreatite, insufficienza epatica o insufficienza renale. L'acidosi lattica e' stata in genere osservata sia dopo i primi mesi di trattamento sia dopo alcuni mesi. Il trattamento con analoghi nucleosidici deve essere interrotto in caso di comparsa di iperlattacidemia sintomatica e acidosi metabolica/lattica, epatomegalia progressiva o rapido incremento dei livelli di aminotrasferasi. Si deve prestare cautela nel somministrare analoghi nucleosidici a pazienti (in particolare donne obese) con epatomegalia, epatite o altri fattori di rischio noti di malattia epatica e steatosi epatica (compresi alcuni medicinali e alcool). I pazienti con infezione concomitante da epatite C e trattati con alfainterferone e ribavirina possono essere ad alto rischio. I pazienti con aumentato rischio devono essere seguiti attentamente. E' stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che invitro causano un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati HIV-negativi esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita. I principali eventi avversi riportati sono disturbi ematologici, disturbi metabolici. Questi eventi sono spesso transitori. Sono stati segnalati disturbi neurologici a comparsa ritardata. Al momento non e' noto se i disturbi neurologici siano transitori o permanenti. Ogni bambino espostoin utero ad analoghi nucleosidici e nucleotidici, anche i bambini HIV-negativi, deve essere sottoposto a follow-up clinico e di laboratorioe deve essere controllato a fondo per quanto riguarda una possibile disfunzione mitocondriale in caso di comparsa dei segni e sintomi relativi. Queste osservazioni non hanno effetto sulle attuali linee guida nazionali di impiego della terapia antiretrovirale nelle donne in gravidanza per prevenire la trasmissione verticale dell'HIV. Nei pazienti con infezione da HIV, la terapia antiretrovirale combinata e' stata associata alla ridistribuzione del grasso corporeo (lipodistrofia). Le conseguenze a lungo termine di questi eventi sono attualmente sconosciute. La conoscenza del meccanismo e' incompleta. E' stata ipotizzata una associazione tra lipomatosi viscerale e inibitori della proteasi (PIs) e lipoatrofia e inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTI's). Un rischio maggiore di lipodistrofia e' stato associato alla presenza di fattori individuali, quali l'eta' avanzata, e fattori legati al farmaco, come la maggior durata del trattamento antiretrovirale e dei disturbi metabolici associati. L'esame clinico deve includere lavalutazione dei segni fisici di ridistribuzione del grasso. Occorre prendere in considerazione il dosaggio dei lipidi serici e del glucosionel sangue. I disturbi del metabolismo lipidico devono essere trattati in maniera clinicamente appropriata. Sindrome da riattivazione immunitaria: nei pazienti affetti da HIV con deficienza immunitaria grave al momento della istituzione della terapia antiretrovirale di associazione (CART), puo' insorgere una reazione infiammatoria a patogeni opportunisti asintomatici o residuali e causare condizioni cliniche gravi, o il peggioramento dei sintomi. Tipicamente, tali reazioni sono state osservate entro le primissime settimane o mesi dall'inizio della CART.Qualsiasi sintomo infiammatorio deve essere valutato e deve essere instaurato un trattamento, se necessario. I pazienti con epatite cronicaB o C e trattati con una terapia antiretrovirale di associazione sonoconsiderati ad aumentato rischio di eventi avversi epatici gravi e potenzialmente fatali. In caso di terapia antivirale concomitante per l'epatite B o C si faccia riferimento alle relative informazioni di talimedicinali. Se il medicinale viene sospeso nei pazienti con infezioneconcomitante da virus dell'epatite B, si raccomanda un controllo periodico sia dei test di funzionalita' epatica sia dei marker di replicazione dell'HBV, dal momento che la sospensione della lamivudina puo' condurre a una riacutizzazione dell'epatite. I pazienti con disfunzione epatica pre-esistente presentano una aumentata frequenza di anomalie della funzionalita' epatica durante la terapia antiretrovirale di associazione e devono essere monitorati secondo la prassi consueta. Qualorain tali pazienti si evidenzi un peggioramento della malattia epatica,si deve prendere in considerazione l'interruzione o la sospensione del trattamento. Sebbene l'eziologia sia considerata multifattoriale, sono stati riportati casi di osteonecrosi soprattutto nei pazienti con malattia da HIV in stadio avanzato e/o esposti per lungo tempo alla terapia antiretrovirale di associazione (CART). Il farmaco non deve essere assunto con qualsiasi altro medicinale contenente lamivudina o emtricitabina.

Gravidanza e Allattamento

Una grande quantita' di dati su donne in gravidanza (piu' di 1000 casi di esposizione) non indicano alcuna tossicita' relativa a malformazioni. Il prodotto puo' essere usato in gravidanza se clinicamente necessario. Per le pazienti con infezione concomitante da virus dell'epatite B che vengono trattate con lamivudina e successivamente iniziano unagravidanza, si deve considerare la possibilita' di una ricomparsa dell'epatite a seguito della sospensione della lamivudina. Gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che in vitro hanno dimostrato di causare un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati esposti agli analoghinucleosidici in utero e/o dopo la nascita. Dopo la somministrazione orale, la lamivudina e' escreta nel latte materno a concentrazioni simili a quelle ritrovate nel siero. Poiche' la lamivudina e il virus passano nel latte materno si raccomanda che le madri in terapia non allattino al seno i loro bambini. Si raccomanda che le donne con infezione da HIV in nessun caso allattino al seno i loro bambini, al fine di evitare la trasmissione dell'HIV.

Interazioni con altri prodotti

Sono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti. La probabilita' di interazioni metaboliche e' bassa a causa del limitato metabolismo e del basso legame con le proteine plasmatiche e della clearance renale pressoche' completa. La somministrazione di trimetoprim/sulfametoxazolo 160 mg/800 mg determina un aumento del 40% nella esposizione alla lamivudina dovuto al componente trimetoprim; il componente sulfametoxazolo non interagisce. Tuttavia, non e' necessaria nessuna modifica posologica della lamivudina, a meno che il paziente non abbia insufficienza renale. La lamivudina non ha alcun effetto sulla farmacocinetica del trimetoprim o del sulfametoxazolo. Quando e' giustificata tale somministrazione concomitante, i pazienti devono essere monitorati clinicamente. Deve essere evitata la somministrazione di lamivudina inconcomitanza con alte dosi di cotrimoxazolo per il trattamento della polmonite da Pneumocystis e della toxoplasmosi. Deve essere tenuta in considerazione la possibilita' di interazioni con altri medicinali somministrati in concomitanza, particolarmente quando la via di eliminazione principale e' la secrezione renale attiva, per mezzo del sistema di trasporto dei cationi organici, come ad esempio con il trimetoprim. Altri medicinali (per es. ranitidina, cimetidina) sono eliminati solo in parte per mezzo di questo sistema e non hanno mostrato di interagire con la lamivudina. Gli analoghi dei nucleosidi (per es. la didanosina), come la zidovudina non sono eliminati tramite questo sistema ed e'improbabile che interagiscano con la lamivudina. E' stato osservato un lieve aumento della Cmax (28%) della zidovudina quando viene somministrata in associazione alla lamivudina, tuttavia l'esposizione complessiva (AUC) non risulta alterata in modo significativo. La zidovudina non ha effetti sulla farmacocinetica della lamivudina. Il metabolismo della lamivudina non coinvolge il CYP3A, rendendo improbabili interazioni con altri medicinali metabolizzati attraverso questo sistema.

Forme Farmacologiche


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Conservazione del prodotto

Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.